venerdì 11 gennaio 2008

La principessa Dolgorukaja


Grossman Vassilij Semenovic - Vita e destino, pagina 157-158-159 Jaca Book Milano 1998

        Di notte gli accadeva spesso di ricordare i mesi trascorsi nell'ospedale di Stalingrado. La memoria aveva voluto cancellare la camicia intrisa di sudore, l'acqua dal gusto un po' salato, nauseante, e il puzzo di chiuso che lo avevano tormentato. Ora l’unico sapore di quei giorni era la felicità.
E adesso, nel bosco, ascoltando lo stormire degli alberi, pensava:
"Non ho per caso sentito i suoi passi?"

        Era possibile che tutto ciò fosse successo? Vera lo abbracciava, gli accarezzava i capelli, piangeva mentre lui le baciava gli occhi bagnati che sapevano di sale.
Alle volte Viktorov si figurava di raggiungere con lo Yak Stalingrado, che distava in fondo poche ore, poi poteva fare il pieno a Rjazan', arrivare fino ad Engels, dove l'ufficiale di controllo era un amico. Lo fucilassero pure, dopo.

        Gli veniva sempre in mente una storia che aveva letto in un vecchio libro: dei fratelli, ricconi di Seremetevo, figli di un feldmaresciallo, avevano dato in sposa al principe Dolgorukij una loro sorella di sedici anni, che fino al matrimonio sembra lo avesse visto una volta in tutto. I fratelli avevano assegnato alla fidanzata una dote inestimabile, una massa di argento che occupava tre stanze.
Ma due giorni dopo le nozze Pietro II venne ucciso.

        Dolgorukij, che era il suo uomo di fiducia, fu imprigionato, deportato in Siberia e relegato in un'antica torre. La giovane moglie non volle dar retta ai consigli di sciogliersi dal vincolo di quel matrimonio, dato che in fondo aveva vissuto con lui solo due giorni. Seguì il marito e si stabilì ai margini di un bosco remoto, in un'isba di legno.
Per dieci anni si recò ogni giorno alla torre dove lui era tenuto prigioniero.
Una mattina però vide che la finestra della torre era spalancata e la porta non era più serrata.

        La giovane principessa corse in strada inginocchiandosi davanti ad ogni passante, muzik o arciere che fosse, e pregava e scongiurava di dirle dove fosse suo marito.
La gente le rispose che Dolgorukij era stato portato a Niznij Novgorod. Quante sofferenze dovette sopportare la principessa nel suo peregrinare.
E a Niznij Novgorod venne a sapere che Dolgorukij era stato squartato. Allora la principessa decise di entrare in convento, e partì per la lavra Pecerskaja di Kiev' (importante monastero fondato nell'XI secolo, culla della vita spirituale russa - ndr).
Il giorno della vestizione camminò a lungo per la riva del Dniepr.
Non le rincresceva per la sua sorte, ma nel farsi monaca doveva sfilarsi l'anello nuziale dal quale non riusciva a separarsi...

        Camminò lungo la riva per molte ore, e poi, quando il sole cominciò a tramontare, si tolse l'anello dal dito, lo gettò nel Dniepr e varcò la soglia del monastero.

        Il tenente dell'aeronautica, cresciuto in orfanotrofio, di mestiere meccanico nell'officina di Stal'gres, non faceva altro che ricordare la vita della principessa Dolgorukaja.
Camminando per il bosco, fantasticava di essere morto e che lo avessero sotterrato: ecco l'aereo fulminato dal crucco con il naso schiacciato contro il terreno, ormai arrugginito, i pezzi già coperti di erba, e da quelle parti passa Vera Saposnikova, si ferma, scende giù per il dirupo verso il Volga, lo sguardo fisso nell'acqua...
Duecento anni prima era passata di lì anche la giovane principessa Dolgorukaja, s'inoltrava nella radura, tra gli steli di lino, spostava con le mani i cespugli cosparsi di bacche rosse.

        Lo afferrò un dolore struggente, disperato, ma nello stesso tempo dolcissimo e tenero.
Un giovane tenente dalle spalle strette va per il bosco, con la giubba frusta: quanti di loro sono stati dimenticati in un tempo indimenticabile!

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