venerdì 28 settembre 2007

Ero scema e scema sono rimasta

Grossman Vassilij Semenovic - Vita e destino, pagina 795 Jaca Book Milano 1998


II graduato, con voce assonnata, borbottò:
«No, no, non dobbiamo nasconderci, questo è il giudizio di Dio.» E rivolgendosi all’aiutante soggiunse: «Andiamo, andiamo, andiamo.»

        Usciti dalla cantina, l’ufficiale e il suo compagno camminavano un po’ più velocemente del solito perché il fardello era più leggero. Sulla barella portavano il cadavere di un'adolescente. Il corpo morto era diventato grinzoso, disseccato, e solo i biondi capelli arruffati conservavano il fascino del latte e del grano, sciolti intorno a uno spaventoso viso color mattone, da uccellino martoriato. La folla si lascio’ sfuggire un sommesso lamento.

        La donna tarchiata cacciò un urlo penetrante, come se un coltello avesse sventrato lo spazio gelido.
«Bambina, bambina! Bambina mia adorata!»
Questo grido, rivolto a un figlio non suo, sconvolse la folla. La donna prese a riaccomodare le tracce di riccioli che ancora si conservavano sulla testa del cadavere. Scrutava il volto con la bocca impietrita in una smorfia e contemporaneamente vedeva, come solo una madre può, quei tratti spaventosi e il volto vivo e amato che una volta le aveva sorriso dalle fasce.

        Si rizzò in piedi. Camminava verso il tedesco e tutti vedevano i suoi occhi non staccarsi un momento da lui e nello stesso tempo cercare a terra un mattone che non fosse incollato agli altri nella morsa del ghiaccio; una pietra che la sua mano malata, storpiata dalla fatica dell’acqua gelida e bollente, dalla lisciva, potesse afferrare.

        La sentinella avvertiva l’ineluttabilità di quello che stava per accadere e non poteva fermare la donna perché era più forte di lui e del suo fucile. I tedeschi non riuscivano a distogliere lo sguardo e anche i bambini la osservavano avidi e impazienti.

        La donna già non vedeva più nulla, tranne il viso del tedesco con la bocca coperta dal fazzoletto. Senza capire cosa le stesse succedendo, portatrice di quella forza che aveva sottomesso tutto all’intorno e lei stessa sottomettendosi a questa forza, tastò nella tasca della giubba imbottita il pezzo di pane che le era stato regalato il giorno prima da un soldato dell’Armata Rossa, lo tese al tedesco e disse:
«To', prendi, mangia.»

        In seguito lei per prima non riuscì a capire cosa le avesse preso. Innumerevoli furono, nella sua vita, i momenti di umiliazione, di impotenza e collera che la sconvolgevano e le impedivano, la notte, di addormentarsi. Ci fu quel litigio con la vicina che l’aveva accusata di aver rubato una bottiglietta d'olio, poi il presidente del soviet che l’aveva cacciata dall’ufficio rifiutando di ascoltare le sue disgrazie condominiali, il dolore e l’avvilimento quando il figlio, appena sposato, aveva cercato di mandarla via dalla sua camera e quando la nuora incinta l’aveva chiamata vecchia troia... Una notte, rivoltandosi nel letto disperata e rabbiosa, si ricordò di quella mattina d'inverno e pensò:
"Ero scema e scema sono rimasta."

3 commenti:

Unknown ha detto...

Forte e cruda!!!!! Mamma diceva non arrivino tante sofferenze quante se ne possono sopportare.una curiosità, vi era un nesso con quello che stavi svolgendo o cosa ti ha fatto rammentare proprio quella pagina

Unknown ha detto...

Grossman potentissimo.
Tira fuori pepite d'oro dagli abissi dell'umano.

Costante Giacobbe ha detto...

Conosco abbastanza bene l'opera di Grossman, di tanto in tanto mi torna alla mente qualche vicenda. In quei giorni stavo tagliando, le reinoutrie (una specie di canna molto invasiva) lungo il torrente. No, non c'erano nessi con quanto facevo... Per fortuna...